9 gennaio 2024, a cavallo tra nord e sud.
Dopo quarant’anni torno a essere un residente siciliano, una scelta dettata da ragioni fiscali, per il fisco la prima casa deve coincidere con la residenza. Non che mi dispiaccia, anzi, Catania in questo momento offre condizioni migliori dell’inquinata e carissima Milano. Nonostante molte classifiche releghino il capoluogo etneo tra le ultime posizioni nella classifica di vivibilità – 92° su 107 – per me la mia città natale oggi offre condizioni di vivibilità che, evidentemente, le classifiche non prendono in considerazione, due su tutte: qualità dell’aria, nevrosi collettiva. Sarebbero molte di più le ragioni ma su queste non c’è storia, Catania batte Milano due a zero.
Sulla qualità dell’aria non c’è molto da spiegare. Milano da qualche decennio le ha provate tutte contro le polveri sottile, il killer silenzioso che ogni anno causa migliaia di tumori, sembra un mostro invisibile duro da sconfiggere e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Divieti di circolazione e rottamazione delle vecchie auto sono stati, per ora, solo un regalo per le case automobilistiche e le zone a traffico limitato un ottimo strumento di monetizzazione per le affamate casse comunali. I propositi della giunta milanese parlano di ulteriori azioni per il contenimento del traffico automobilistico privato, di rincari dei trasporti, dei parcheggi e del ticket “Area C” che finiranno per trasformare il capoluogo lombardo in una città svizzera ma senza le retribuzioni elvetiche.
Discorso a parte merita la nevrosi da efficientismo, uno continuo stato di agitazione che i milanesi vivono costantemente. Si va sempre di fretta. Dopo quarant’anni fatico ancora adesso a individuare le origini della frenesia che pervade i milanesi anche se, devo confessare, in talune stagioni ho scoperto di esserne stato contagiato.
La città vive in continuo movimento, l’operosità dei vecchi milanesi ha contaminato anche i nuovi milanesi, anche quelli appena arrivati che ben presto e, forse anche meglio dei locali, hanno adottato la dottrina il tempo è denaro e per i milanesi” I danè a fan daná, ma avei minga fan tribülà” (I soldi fanno dannare, ma non averne è peggio).
La competitività internazionale e la veloce trasformazione che Milano ha subito negli ultimi vent’anni hanno trasformato anche il milanese: più competitivo, più business oriented, più rivolto al mondo esterno. La Milano del Signor G, quella delle case di ringhiera, dei balordi del bar del Giambellino o di Vincenzina di Jannacci sono solo un ricordo. C’è di buono che il milanese è consapevole di questa nevrosi positiva, sa di essersi un po’ abbrutito e trova il tempo per ironizzarci su e…. taac! anche per farne un business.
In questo diario racconterò del mio graduale ritorno alle origini, del modo di riuscire a vivere a cavallo di due città, di due mentalità, di due realtà. I temi e gli spunti non mancano, su entrambi i versanti ma privilegerò sicuramente quello siciliano, e non solo per mantenere fede al nome di questa rubrica ma perché ritengo che la Sicilia in questi ultimi anni abbia fatto qualche piccolo passo in avanti, qualche sussulto della società civile c’è, dei giovani, almeno quelli che hanno scelto di rimanere, sento la voglia di riscatto. Il bilancio non è certo rosa e fiori, anzi.
La politica siciliana è stata un campione di malcostume, corruzione, malaffare e purtroppo riesce a perpetuarsi ad ogni elezione, qualunque sia il colore politico ma forse i siciliani, pochi per adesso, stanno imparando a fare anche senza la politica, senza dover ricorrere agli appoggi di amici e conoscenti, senza la raccomandazione del politico di turno, consapevoli di essere portatori di diritti e cittadini di Seria A come il resto degli italiani.