La politica del bastone senza carota

Ancora sequestri e multe al mercato di Piazza Carlo Alberto di Catania
12 Marzo 2025
4 mins read

Si sono presentati di buon’ora, in forze: Polizia di Stato, Polizia Locale e Carabinieri della Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare. Questa volta, nessun blitz a metà: l’operazione era studiata per colpire duro.  

I furgoni della Polizia Locale erano già pronti, in attesa di essere riempiti di sacchi di patate, casse di cipolle, bancarelle e ombrelloni sequestrati a chi non ha potuto dimostrare di essere in regola. E qui, la regola è che quasi metà mercato non è in regola.  

“Oltre il 40% degli ambulanti è irregolare”, spiega l’ispettore della Polizia Locale Sicali. 

Quasi una bancarella su due, dunque, ha qualcosa che non va. Ma i venditori lo sanno, così come sanno che sotto elezioni le visite delle forze dell’ordine si diradano, mentre fioccano promesse, rassicurazioni, pacche sulle spalle e occhi chiusi.  

Poi, quando le urne si chiudono, il copione è sempre lo stesso: i telefoni squillano a vuoto, gli “amici” spariscono, le promesse evaporano. E la realtà torna a imporsi, con blitz, sequestri e multe.  

“Dopo ogni elezione ci dicono che le cose si sistemeranno. Poi, vincono, e tutto torna come sempre”, denunciano amaramente gli ambulanti.

Lo zoccolo duro degli abusivi non è composto da grandi speculatori, ma da una manciata di disperati, gente che vorrebbe capire come mettersi in regola, come uscire da questa zona grigia della legalità. Alcuni raccontano di aver ereditato la bancarella abusiva dal padre, che a sua volta era un ambulante irregolare da una vita. Un’eredità fatta di precarietà e incertezza, tramandata di generazione in generazione.  

Per Salvatore Cinturino, volto e voce del gruppo – su TikTok pubblica decine di reel per raccontare la realtà del mercato – oggi è stata una giornata nera: “Mi hanno portato via 350 euro di merce che devo ancora pagare.”  

Una storia tutt’altro che semplice. 

Per il Sindaco Enrico Trantino è stato un’operazione positiva e pubblica il bilancio dell’azione di repressione:

  • N.11 sequestri amministrativi settore alimentare di ortofrutta e supporti di vendita;
  • N.8 verbali Enti locali per mancanza di Autorizzazione amministrativa e requisiti professionali;
  • N.4 verbali di contestazione assenza tracciabilità ortofrutta; 
  • N.6 verbali di occupazione abusiva di suolo pubblico;
  • N.17 verbali di ampliamento di suolo pubblico.
  • Sanzioni amministrative contestate per €.21376,00.
  • 1420 Kg. di merce alimentare sequestrata, devoluta in beneficenza alla Caritas.

Tra questi 1420 Kg di merce sequestrata c’erano anche i prodotti di un piccolo produttore agricolo, un immigrato dal Bangladesh che coltiva ortaggi nel suo campo vicino a Paternò. Non è riuscito a dimostrare la provenienza delle sue verdure perché non poteva avere una fattura di acquisto, e gli hanno sequestrato tutto, non solo la merce.

Da decenni, sotto qualsiasi amministrazione, il mercato di Piazza Carlo Alberto è stato lasciato alla deriva, gestito senza un vero piano, affidato alle contingenze della politica, agli assessori e ai sindaci di turno, spesso catapultati dai partiti in ruoli che richiederebbero una conoscenza ben più approfondita della realtà che sono chiamati ad amministrare. 

Per gli abusivi, molti dei colleghi regolari non rispettano gli spazi, occupando metri su metri oltre quelli assegnati. Per alcuni ambulanti in regola, invece, questa manciata di irregolari pretende una corsia preferenziale per ottenere ciò che loro hanno pagato e ottenuto seguendo gli iter amministrativi. Una lotta tra poveri.

Due visioni opposte, che si scontrano ogni giorno tra i banchi del mercato, alimentando tensioni e malumori in un equilibrio sempre più precario.

E così, tra blitz, sequestri e promesse elettorali evaporate, il più grande mercato cittadino resta ostaggio di una politica incapace di affrontare il problema alla radice.

Il sindaco Enrico Trantino, solo pochi giorni fa, si stracciava le vesti per la mortificazione di dover amministrare una città quasi in bancarotta, priva persino delle risorse necessarie per tappare le voragini nell’asfalto che costellano le strade di Catania.  

In un post su Facebook, ha spiegato come bilancio e normative lascino ben pochi margini di manovra per il primo cittadino, anticipando forse la domanda che molti catanesi si erano già posti: come ha trovato milioni di euro per il Capodanno in televisione, se il Comune non ha soldi nemmeno per le strade?   

A tal proposito, Trantino ha scritto:  

“Quel che riscuotiamo con la tassa di soggiorno ha una specifica destinazione di scopo: creare sviluppo del turismo, in quanto da esso deriva un aumento degli indici di sviluppo economico della città (quindi, festa di Sant’Agata, Capodanno e eventi a nostro carico sono finanziati da risorse che non possono essere spese altrimenti).” 

Un chiarimento che, però, lascia inevase altre questioni. Il turismo passa davvero solo dai grandi eventi e dagli spettacoli in piazza? Oppure si sviluppa anche attraverso una città più ordinata, più sicura, più vivibile?  

Forse il turismo passa anche dalla regolarizzazione delle attività commerciali, dalla creazione di un contesto in cui chi lavora possa farlo legalmente, senza dover sottostare a zone d’ombra e mercati abusivi. Forse passa anche dalla formazione, dall’istruzione degli ambulanti, che vendono spremute d’arancia senza sapere che le norme HACCP non sono il nome di una rock band, ma il requisito minimo per garantire igiene e sicurezza alimentare.  

Politica e repressione: il dovere di indirizzare prima di punire  

La politica non dovrebbe limitarsi alla repressione. Dovrebbe innanzitutto guidare, indirizzare, fornire strumenti e soluzioni. Dovrebbe spiegare che l’amministrazione comunale non è il nemico, ma la collettività che cerca di darsi delle regole, che prova ad aiutare chi non ha le competenze per inserirsi nel mercato in modo legale.  

Per certa politica, reprimere è più semplice e immediato: schierare agenti, sequestrare merci, distribuire multe fa notizia, mostra “il pugno di ferro”, dà l’illusione di un intervento risolutivo. Ma è davvero una soluzione?  

Alla fine, anche questa scelta presenta il conto: una città incattivita, demotivata, che non si sente parte di un sistema, ma costretta a sopravvivere come può. E così, Catania continua a essere una città sospesa tra la legalità e l’abusivismo, tra le promesse e le repressioni, tra l’illusione del cambiamento e l’eterno ritorno dell’irregolarità.

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