Il Futuro delle Democrazie: Una Deriva Verso Tecnocrazie e Oligarchie?

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Negli ultimi anni, le democrazie occidentali hanno mostrato segnali di cambiamento che ne stanno alterando la natura. Un processo che, anziché rafforzare i principi cardine della sovranità popolare e della trasparenza istituzionale, sembra avvicinarle progressivamente a forme di tecnocrazia e oligarchia, dove decisioni cruciali sono prese da élite ristrette, talvolta senza un reale controllo democratico. Questo spostamento, spesso giustificato come necessario per affrontare sfide globali complesse, solleva domande fondamentali sul futuro di un modello politico che per decenni è stato il baluardo della libertà.

Trump il finto Robin Hood e la narrazione del potere muscolare

Donald Trump, figura emblematica del populismo contemporaneo, continua a fare notizia con dichiarazioni che oscillano tra il provocatorio e il surreale. Il suo recente proclama di voler “riprendersi il Canale di Panama” e, se necessario, “comprare o occupare con la forza la Groenlandia”, è solo l’ultimo esempio di una retorica che ignora convenzioni internazionali e relazioni diplomatiche consolidate. Eppure, ciò che colpisce non è tanto la gravità delle sue parole, quanto il silenzio o l’ambiguità della reazione occidentale. La propaganda di Trump si fonda sullo slogan di un’“America di nuovo grande”, una promessa che fa sognare – o forse illude, a seconda del punto di vista – milioni di cittadini. Tra questi, molte famiglie che, nel giro di pochi anni, hanno visto la globalizzazione e il crescente divario economico erodere una parte significativa del loro benessere e della loro capacità di spesa. Trump attribuisce la colpa di questa situazione a nemici esterni come la Cina o alla globalizzazione stessa o agli immigrati – probabilmente i veri artefici di una economia forte – piuttosto che al sistema politico dominato dalle lobby. Queste ultime hanno vincolato il Congresso agli interessi delle grandi imprese e della finanza, contribuendo a uno scenario che penalizza i più vulnerabili.

Proprio in queste ore, il rapporto annuale di Oxfam sulla povertà ha lanciato un allarme drammatico: metà della popolazione mondiale vive con meno di 6,85 dollari al giorno, mentre l’1% più ricco detiene il 45% delle ricchezze globali. Eppure, il dato più paradossale è un altro: è proprio tra i ceti più poveri e ai margini della società che la destra conservatrice, tradizionalmente garante dello status quo, raccoglie oggi il maggior consenso. Questo fenomeno appare inspiegabile, ma forse si radica in un’illusione collettiva: votare per lo stesso partito dei “padroni” nella speranza, un giorno, di diventare come loro. 

L’idea di un leader democratico che usa un linguaggio da imperialismo del XIX secolo dovrebbe generare scandalo, ma nel caso di Trump, appare quasi normalizzata. Questa accettazione tacita, o quantomeno riluttanza a criticarlo apertamente, pone un interrogativo spinoso: in cosa differisce una simile postura da quella adottata da autocrati come Vladimir Putin? Se si giudicano le intenzioni e i mezzi, le differenze si assottigliano drammaticamente. Del resto, gli esempi in Europa non mancano. Pensiamo a Viktor Orbán, emblema di una politica autoritaria e illiberale, o alla demagogia della destra britannica che ha condotto il Regno Unito fuori dall’Unione Europea con il miraggio di un futuro migliore. E in Italia? Anche qui non siamo immuni dai campioni delle illusioni, pronti a promettere cancellazioni delle accise, mille euro sul conto corrente di ogni cittadino o addirittura blocchi navali per fermare l’immigrazione. Promesse che suonano accattivanti, ma che si scontrano puntualmente con la realtà.

Oligarchie sotto mentite spoglie

Il problema non riguarda solo Trump. In generale, molte democrazie stanno cedendo terreno a strutture oligarchiche e tecnocratiche. Leader eletti utilizzano il mandato popolare come un lasciapassare per consolidare il potere personale o favorire interessi economici di élite ristrette. La democrazia diventa così un vestito formale che nasconde meccanismi di concentrazione del potere, con scarsa attenzione al bene comune.

Nel caso degli Stati Uniti, il Congresso sembra sempre più subordinato alle dinamiche delle lobby e del denaro, con un sistema politico che premia chi può investire miliardi in campagne elettorali. Questo scenario è replicato, con variazioni locali, in molte altre democrazie occidentali. La rappresentanza popolare rischia di diventare un’illusione, e il divario tra i cittadini e le istituzioni si allarga.

La tecnocrazia come alternativa ambigua

A complicare il quadro è la crescente influenza della tecnocrazia, cioè l’affidamento di decisioni cruciali a esperti, tecnici e burocrati. In un’epoca di crisi globali – dalla pandemia al cambiamento climatico, dalla sicurezza informatica alla regolamentazione delle intelligenze artificiali – il coinvolgimento degli esperti sembra inevitabile. Tuttavia, questa transizione verso la tecnocrazia ha un costo: le decisioni vengono spesso prese in spazi opachi, lontano dal dibattito pubblico, e le priorità della popolazione finiscono per passare in secondo piano.

Un esempio lampante è la gestione della pandemia da COVID-19, dove molte democrazie hanno accettato restrizioni straordinarie alle libertà individuali basandosi su consulenze tecniche. Sebbene giustificate in molti casi, queste misure hanno mostrato quanto velocemente le democrazie possano adattarsi a modelli autoritari, con un consenso che si basa più sulla paura che sulla partecipazione informata.

Il confronto con le autocrazie

Il confronto con i regimi autoritari rende la situazione ancora più ambigua. Putin, Xi Jinping e altri leader autocratici giustificano le loro azioni con argomentazioni non troppo diverse da quelle usate nelle democrazie in crisi: necessità di protezione nazionale, interessi economici strategici, e persino “desiderio popolare”. Quando Trump minaccia di comprare o occupare territori stranieri, il suo linguaggio non è meno imperialista di quello di Putin nei confronti dell’Ucraina. Eppure, il giudizio morale e politico sembra seguire due pesi e due misure, a seconda di chi sia il protagonista della narrazione.

Riflessioni sul futuro

Se le democrazie vogliono preservare la loro essenza, devono affrontare una serie di domande cruciali: qual è il limite tra leadership forte e autoritarismo?  

Quanto potere possono concentrare le élite economiche e tecniche senza erodere la sovranità popolare? 

Come preservare un sistema politico trasparente e rappresentativo in un’era di crisi globali?

La risposta non sarà facile. Ma se la democrazia si allontana dai suoi principi fondanti, rischia di diventare un simulacro di sé stessa, lasciando campo libero a tecnocrati, oligarchi e leader che non si distinguono più dagli autocrati che criticano.

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