Sì, lui, il giornalista che sembra aver trovato la fonte dell’eterna giovinezza (o almeno dell’eterna presenza in video). Da oltre 50 anni presiede con maestria il salotto buono dell’informazione pubblica, dimostrando che, mentre tutto cambia, lui no.
Da oltre mezzo secolo, il nostro eroe dell’informazione pubblica è lì, saldo alla sua scrivania, con l’aplomb di chi sa che il tempo passa, i governi cambiano, ma Porta a Porta resta. Che sia la Prima Repubblica, la Seconda, la Terza (e chi ci capisce più a che numero siamo), il nostro Bruno nazionale è sempre lì, con la sua voce rassicurante e i suoi plastici, a spiegare l’Italia agli italiani.
L’uomo che vide passare tutto (e tutti)
Quando Bruno Vespa iniziò la sua carriera, l’Italia aveva ancora la lira, la televisione era in bianco e nero e i social network erano i bar sotto casa. Da allora, abbiamo visto governi cadere, ideologie sfumare e persino la pandemia cambiare il mondo. Ma Vespa? Lui è sempre lì, immutabile come un monumento, pronto a intervistare il potente di turno con quella sua aria tra il paterno e il complice.
Bruno Vespa non è un semplice giornalista. È un’istituzione, un monumento vivente del servizio pubblico, un uomo che ha trovato il segreto dell’eterna giovinezza professionale: essere sempre dalla parte giusta. O meglio, dalla parte di chi comanda. Non importa se il vento soffia da destra, da sinistra o da un’improbabile corrente centrista: lui ha la straordinaria capacità di intercettare il nuovo potere prima ancora che questo si insedi comodamente sulle poltrone di Palazzo Chigi.
Il segreto della longevità televisiva
C’è chi dice che il segreto della sua longevità sia una dieta a base di domande soft e di battute pronte. Altri sostengono che abbia stretto un patto con qualche divinità mediatica. La verità, forse, è più semplice: Bruno Vespa ha capito prima di tutti che, in Italia, il potere ha sempre bisogno di un buon microfono e di una poltrona comoda. E lui, con la sua capacità di adattamento, è diventato il punto di riferimento per chiunque voglia apparire in TV senza rischiare domande scomode.
Questa longevità mediatica ha del miracoloso. Se un comune impiegato pubblico, raggiunti i 67 anni, è costretto a salutare scrivania e badge, Bruno Vespa supera le ottanta primavere con l’energia di un ventenne e il contratto di un immortale.
Il maggiordomo del potere
Ma ridurre Vespa a un semplice giornalista longevo sarebbe ingiusto. Lui è qualcosa di più: un raffinato cerimoniere del potere, un facilitatore della narrazione istituzionale, un eccellente tessitore di tappeti rossi per i potenti di turno. Nessuno più di lui sa rendere un’intervista una confortevole chiacchierata, in cui il leader di giornata può spiegare, giustificare, rassicurare senza troppe impertinenze.
Il re del “non prendiamoci troppo sul serio” .
La genialità di Vespa sta nella sua capacità di trasformare ogni intervista in una chiacchierata tra amici. Che si tratti di un premier, di un ministro o di un leader di opposizione, il format è sempre lo stesso: un po’ di storia, un po’ di attualità, una battuta spiritosa e via, si va avanti senza scossoni. È come se Vespa ci dicesse: “Ragazzi, non prendiamoci troppo sul serio, alla fine siamo qui per farci due risate e parlare di politica come se fosse una partita di calcio”.
Ogni premier che si rispetti, da Andreotti a Meloni passando per Berlusconi, Renzi e Prodi, ha trovato in Vespa un interlocutore affidabile, pronto a offrire una poltrona e un sorriso complice. Anche i dittatori più lontani hanno trovato da lui ospitalità: da Gheddafi, accolto con tutti gli onori, fino ai più recenti statisti in cerca di legittimazione.
Un servizio pubblico… al potere
C’è chi critica Vespa per la sua vicinanza ai potenti, chi lo accusa di essere troppo accomodante, chi lo definisce il “portavoce non ufficiale” del governo di turno. Ma forse, in un paese come l’Italia, dove la politica è spesso un teatro, Bruno Vespa è semplicemente il regista perfetto: sa come mettere in scena lo spettacolo, senza mai far saltare il copione.
E poi ci sono i plastici.
Perché Vespa non si accontenta di raccontare la realtà, lui la ricostruisce. Il delitto di Cogne, il terremoto dell’Aquila, i disastri naturali e politici: ogni evento epocale trova la sua rappresentazione in miniatura sul tavolo di Porta a Porta, come in una lezione di geografia “for dummies”. Si dice che la prossima frontiera sia la creazione di un plastico dell’Italia intera, con un Bruno Vespa in scala ridotta che spiega la vita politica direttamente da Montecitorio.
Il futuro? Sempre lui
Qual è il futuro di Bruno Vespa? Domanda inutile. Lui c’era, c’è e ci sarà. Quando le nuove generazioni di giornalisti penseranno che sia finalmente arrivato il loro turno, lui sarà ancora lì, con il suo aplomb istituzionale, a moderare un dibattito tra l’ennesimo presidente del Consiglio e l’opposizione di turno.
Tra 50 anni, quando i robot governeranno il mondo e le auto volanti saranno il mezzo di trasporto più comune, c’è una cosa di cui possiamo essere certi: Bruno Vespa sarà ancora lì, con la sua cravatta impeccabile e il suo sorriso rassicurante, a intervistare il primo androide premier.
Perché, diciamocelo, in un mondo che cambia così velocemente, è bello sapere che c’è qualcuno che resta sempre lo stesso.
Grazie, Bruno. Sei la prova vivente che, in Italia, l’unica cosa più longeva del potere è chi lo racconta.